Il plurale del titolo si riferisce a due artisti, Benedetto Ravasio e Pina Cazzaniga, sua moglie e compagna artistica, che con testardaggine mollarono la sicurezza economica che veniva da una vita da fornai, per scegliere, negli anni ’40, un’arte di strada popolare e dura.
Federica Molteni ha scoperto la loro storia e se n’è subito innamorata perché è una storia a matriosca, che dentro ne contiene tante altre, sempre più piccole e intime. La storia del teatro popolare e della Commedia dell’Arte e dentro la Seconda guerra mondiale. E dentro la scoperta di un ragazzo di amare l’arte nelle sue forme più variegate: pittura, scultura, musica e teatro. La povertà dei paesi della bassa bergamasca, tra cascine, nebbia, polenta e pica sö. L’innamoramento di due giovani, Benedetto e Pina, figli di due fornai concorrenti: Romeo e Giulietta in salsa bergamasca. Il loro amore, fatto di farina, levatacce e otto figli da sfamare. E una vocazione, che bussa sempre più forte, fino alla frattura con il mondo intorno. “Così succede a Benedetto Ravasio che sceglie il teatro. In Giovanni Nespoli, vecchio burattinaio ormai in miseria, riconosce il maestro. E nelle parole di quell’omino rubizzo, ho trovato parole che parlano anche a me, come artigiana della parola e del palco. “La prima regola per un burattinaio? È il rispetto del pubblico. Non basta far sganasciare la gente. Lo spettacolo deve essere sincero e la storia arrivare al cuore. I burattini? Sono veri e propri attori. Cambiano le dimensioni, ma il nostro spettacolo rimane sempre teatro” (Federica Molteni)
E sua moglie Pina, dice “sì”, e diventa parte integrante di quel mondo. Lei, che prima d’allora non aveva mai visto un burattino. È la prima volta che succede: una donna che entra in baracca accanto al suo compagno. Arriveranno a recitare, unici burattinai della storia, al Teatro alla Scala di Milano. E poi nei festival internazionali di teatro di figura. Senza mai dimenticare la loro origine. Quell’impasto di alto e basso, di lingua e dialetto, di terra e farina, di grandi teatri o portici di una cascina. Come nella grande tradizione del teatro popolare di ricerca.